Un ulteriore fenomeno che aggrava la competizione tra città nell’attrazione di investimenti è la concentrazione delle funzioni di comando principale in pochi centri urbani di influenza continentale, I mercati si sono concentrati e unificati per effetto della globalizzazione e i centri urbani che hanno prevalso sono gli unici che possono garantire una certa stabilità di valore degli investimenti insediati[1]. Si tratta di un processo complementare all’estrema volatilità dei mercati che risponde alla necessità di ridurre i rischi economici ma che drena ricchezza dai centri minori e crea enormi bolle speculative nei centri delle megalopoli globali. Alla base della valutazione del rischio finanziario sta la Fiducia che gli analisti ripongono nella capacità dell’iniziativa economica in cui investono di restituire e remunerare il loro capitale. La costruzione della credibilità di un mercato e la conquista della fiducia degli investitori è una delle più sofisticate e difficili sfide che la nostra città ha di fronte e a cui solo una buona politica può dare risposta.
I grandi fondi di investimento immobiliare e industriale che cercano un rapporto ottimale tra stabilità e sicurezza si concentrano su poche città che conoscono. In Italia, sono essenzialmente Milano e Roma con poche eccezioni come Venezia e Firenze sostenute dalla loro storia artistica e culturale. La concentrazione degli investimenti, però, si confronta con la crescita dei prezzi e la conseguente diminuzione della redditività per cui, in situazioni di mercato con molta liquidità da investire come quella attuale e presumibilmente dei prossimi anni, si apre qualche possibilità per località fuori da questi circuiti più consolidati. Il fattore determinante per attrarre investimenti è la creazione di un Brand cittadino forte e riconoscibile.
Un Brand non è naturalmente il prodotto della creatività dei comunicatori ma dipende da una attenta definizione dell’identità urbana o nel modello economico e sociale cui la comunità aspira. Non è un caso se molte città medie, e Torino in modo particolare, per effetto della crisi hanno perso di vista qualunque direzione strategica delle proprie politiche, di fatto scomparendo dal radar degli investitori.
Specie in un mercato molto fluido e veloce il valore comunicativo di un luogo, il suo brand, diventa fondamentale perché possono rappresentare con una buona dose di stabilità non solo le caratteristiche fisiche e materiali ma anche la qualità delle relazioni locali, la coesione e la capacità di prendere decisioni.
A differenza di quanto accadeva anche solo qualche decennio fa un buon progetto politico di Città vede una parte importante del suo successo nella capacità di rappresentarsi in poche semplici immagini che tengano insieme i tratti distintivi della comunità e del sistema economico, ovvero chi siamo e cosa facciamo o meglio ancora chi vogliamo essere e cosa vogliamo fare. Naturalmente, se vogliamo offrire una narrazione efficace e autentica questa si deve basare su dati di realtà oggettiva e quindi su caratteristiche sociali e territoriali autentiche e su un sistema di infrastrutture fisiche organizzato.
La sfida principale, in termini comunicativi della nuova immagine di Torino, starà nel saper conciliare l’immagine urbana con quella territoriale più vasta, la vocazione turistica e ambientale con quella industriale, universitaria e produttiva tenendo in mente che bisogna trovare una sintesi semplice, chiara, comunicabile e soprattutto condivisa.
[1] Nel caso di Londra per esempio si è verificato il rischio opposto ovvero che l’eccesso di capitali stranieri fa crescere i prezzi eccessivamente e non garantisce stabilità in caso di crisi politiche o finanziarie al punto che il comune ha assunto provvedimenti per scoraggiare investimenti da parte di fondi sovrani stranieri.